E’ sabato, fa caldissimo. Avresti
un milione di cose da fare e sicuramente tutte molto importanti.
Però ti riscopri con la mente
altrove. Non proprio altrove, sai benissimo a cosa stai pensando ed è proprio
per questo che ti senti colpevole, ma non ci puoi fare niente.
Il bello è che in questo stato ti
ci sei ritrovato altre volte. Ad ogni
vigilia è così.
Assomiglia all’ansia pre –esame, o
quando sai d’avere un incontro galante. Sei preparato, ma la tua buona dose di
inettitudine e insicurezza ti fanno stare in pensiero.
La verità è che domani c’è l’esordio della
Nazionale all’Europeo. Contro la Spagna. E Prandelli minaccia l’utilizzo di
Giaccherini. Giaccherini chi? Dove gioca? Ogbonna?! Ah, è un difensore, gioca a
Torino ed è giovane. Sarà, ma io non l’ho mai sentito.
Tutte cose che non ti aiutano di
certo.
In parecchie occasioni ho cercato
di spiegare a mie parole questo stato d’animo, ma il mio eloquio incerto e il
lessico limitato mi impediscono di rendere al meglio la questione. Quindi
prendo in prestito le parole di Nick Hornby, scrittore londinese che nei suo
libri ha spesso parlato delle passioni dell’uomo comune, come la musica ed il
calcio. Lui è tifoso dell’Arsenal. Nel libro “Febbre a 90” descrive la nascita
della passione per la sua squadra del cuore, ma soprattutto ci spiega come questo si sia interfacciato, spesso in maniera negativa, con la sua vita.
Il brano che vi propongo si
riferisce a Liverpool-Arsenal del 1989, ultima giornata di campionato, squadre
a pari punti in classifica, con l’Arsenal obbligato a vincere con due gol di
scarto per via della differenza reti. L’ideale
per avere un infarto.
I Gunners, per sua fortuna,
vincono per due a zero, con gol del raddoppio allo scadere di Michael Thomas e
riconquista il titolo dopo 18 anni. Nell’estasi del festeggiamento, Nick Hornby
riesce a paragonale quel godimento al sesso e quella gioia alla nascita di un
figlio.
Nessuno dei momenti che la gente descrive come i migliori della propria vita mi sembrano analoghi. Dare alla luce un bambino dev'essere straordinariamente emozionante, ma di fatto non contiene l'elemento cruciale della sorpresa, e in tutti i casi dura troppo a lungo; la realizzazione di un'ambizione personale - una promozione, un premio, quello che vuoi -non presenta il fattore temporale dell'ultimo minuto, e neppure l'elemento di impotenza che provai quella sera. E cos'altro c'è che potrebbe dare quella subitaneità ? Una grande vincita al totocalcio, forse, ma la vincita di grosse somme di denaro va a toccare una parte completamente diversa della psiche, e non ha niente dell'estasi collettiva del calcio.
E allora non c'è proprio niente che possa descrivere un momento così. Ho esaurito tutte le possibili opzioni. Non riesco a ricordare di aver agognato per due decenni nient'altro (cos'altro c'è che sia sensato agognare così a lungo?) e non mi viene in mente niente che abbia desiderato da adulto come da bambino. Siate tolleranti, quindi, con quelli che descrivono un momento sportivo come il miglior momento in assoluto. Non è che manchiamo di immaginazione, e non è nemmeno che abbiamo avuto una vita triste e vuota; è solo che la vita reale è più pallida, più opaca, e offre meno possibilità di frenesie impreviste.Per quanto mi riguarda quando lessi "Febbre a 90", e mi fu regalato da una donna, la Nazionale non aveva ancora vinto i mondiali del 2006. Evento che fece cambiare le mio opinioni rispetto a questo brano.
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