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giovedì 5 dicembre 2013

Il lamento rende. Capitolo primo: il sorteggio

Palmiro Togliatti durante un suo discorso alla Camera pronunciò la celeberrima frase “Veniamo da molto lontano e andiamo molto lontano”.
Si riferiva al modello a cui si ispirava per costruire un’Italia migliore ( in quell’occasione con quel discorso intendeva sfiduciare De Gasperi ). Vabbè poi ci hanno pensato i vari Occhetto, D’Alema, Veltroni, Bersani e compagnia bella a rovinare la sinistra e contribuire a farci  il servizio.
Io invece ho pensato a questa frase non appena mi sono accorto che domani i capoccioni della Fifa faranno i sorteggi per i prossimi Mondiali. La Nazionale.
E non l’ho fatto in riferimento alla nostra tradizione calcistica,a Rivera, Paolo Rossi, Cannavaro… niente di tutto ciò, niente di così nobile.
Ho semplicemente pensato che il Mondiale comincia fra 6 mesi (metà anno è una quantità di tempo troppo grande se pensate a quando morirete) e questa cosa già mi fa star male. Già da ora. E chissà per quanto ne avrò.
I miei pensieri vanno alle notti  in bianco prima delle partite, ai pranzi rovinati dall’inappetenza causata dalla tensione, alle intere casse di Peroni ingurgitate e ai conseguenti kili di tabacco, ai lunghi rosari di bestemmie rivolte al digitale terrestre, a  tutti gli apparati tecnologici, ai loro ingegneri, tecnici, impiegati, i loro figli, le loro mogli, i lori avi, colpevoli di complottare per sabotare i loro diabolici aggeggi solo quando su Rai1 c’è la diretta della partita ed io mi siedo sul divano.
Altrimenti come puoi spiegare il fatto che alle 20 e 40 si vedeva “a specchio” mentre mangi patatine e fumi nervosamente ed improvvisamente alle 20 e 44 non si vede un cazzo di niente?
Dicevo, il sorteggio.
Val la pena che mi metta a tediarvi sul regolamento di tale stratagemma, del suo cambiamento ad hoc per far entrare in una fascia migliore i mangiarane? Non credo che ve ne freghi qualcosa. A me interessa solo che la Nazionale abbia un bel girone facile facile, battiamo tutti, passiamo agevolmente tutte le fasi e vinciamo questa competizione. In modo tale da continuare ad insultare in giro per il mondo ogni francese che mi capiti a tiro, far vergognare ogni tedesco di aver avuto un nonno nazista e ricordargli che con noi non vincono da una vita. Manco a briscola.
Invece no. Il cammino sarà lungo, tortuoso, pieno di ostacoli: una via crucis. Arriverò a stare in pensiero per qualsiasi cosa, mi documenterò persino  riguardo alle condizioni di forma del terzino dell’Ecuador ( “me pare Pelè” rispose Totti quando gli domandarono se conoscesse De La Cruz ) .
Dunque scrivere questo post fa parte dei riti, delle macumbee stregonerie che faccio prima di ogni partita importante della Nazionale. L’ho fatto durante l’Europeo del 2012 : un post ogni pre-partita. Tranne per l’ultima, la più importante. L’unica che abbiamo perso. Quindi, sì, sono decisamente scaramantico.

N.d.a: sarà di nuovo vietato tifare gridando il nome del partito che hanno appena rifondato (adoro questa parola) accoppando il popolo delle libertà. Io non l’ho detto e voi mi avete inteso.

mercoledì 11 gennaio 2012

Misunderstanding

Non sommate, significa altro...
Se non sbaglio era l’estate del 2002. Ero in Croazia, e dividevo una casetta con Alex, Michele ed altri amici. Durante le dolci notti dall’altra parte dell’Adriatico, si frequentava spesso un baretto in una strada secondaria della piazza principale di Dubrovnik. Avevamo fatto anche conoscenza con il barista, che era davvero simpatico.
La simpatia di un barista è direttamente proporzionale al numero di volte che non ti lascia  pagare. In una scala da 0 a 10, Mario, questo è il nome del barista croato, era simpatico almeno 7.
Una notte, come al solito occupando gli sgabelli intorno al bancone, vedendo i bicchieri tristemente vuoti, ordinai da bere. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Dopo pochi minuti, vedendo che la mia richiesta non era stata neanche vagliata, ripetetti l’ordinazione. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Anziché placare la nostra sete Mario, a quel punto, con la splendida cordialità balcanica, e con quella calma “zen” che lascia presagire lo scoppio di una imminente tempesta, si avvicinò e mi spiegò che se avessi fatto nuovamente quel gesto non avrei mai avuto da bere e sarei stato gentilmente pregato di uscire dal locale. Gentilmente.
Cosa avevo fatto di così grave? Non lo capivo. Avevo solo chiesto tre birre. Mi venne spiegato che in Croazia,  e per di più, in una zona molto vicina alla Bosnia, a pochi anni dalla guerra, tre birre non si sarebbero dovute assolutamente ordinare in quel modo. Usando quelle tre dita. Usando quelle tre dita in quel modo, proprio come avrebbe fatto un serbo che fa il “saluto cetnico”, indicando dio, patria e zar. Robe da nazionalisti nostalgici, che però hanno causato un sacco di morti e tanta sofferenza.
Così come quel lontano giorno dell’estate 2002, anche lo scorso lunedì un mio gesto non è stato capito. O meglio è stato codificato in maniera insolita.
Ero all’ultima partita della serata, ed avevo precedentemente perso le tre partite che avevo disputato.
Di fronte a me c’era Massimo che sistemava le sue miniature in campo. Il suo Torino contro la mia Fiorentina con i pantaloncini neri.
L’unica cosa da fare prima del fischio di inizio era il sorteggio per stabilire chi avesse diritto al calcio di inizio. Quindi prendo la pallina, la nascondo dietro la schiena e poi mostro i due pugni chiusi tenendo le braccia perpendicolari al mio busto.
Il principio alla base di questo sorteggio è indovinare in quale mano si nasconde la pallina.
Se si indovina si ha diritto al calcio di inizio. Sennò lo spetta a  chi ha fatto il sorteggio.
Semplice, giusto? Impossibile sbagliare.
Ebbene, il buon Massimo, il quale doveva solo indovinare in quale mano nascondevo il Tango, incomprensibilmente, con l’indice ben teso alla punta del suo braccio da un metro, punta al mio viso.
Non vi nascondo che sono seguiti un paio di secondi in cui ero incredulo. Panico. Poi Massimo si ravvede e scoppiamo in una grossa risata.
In fondo erano le 23, 30 e avevamo alle spalle già tre partite.