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venerdì 18 ottobre 2013

Sliding doors

Vi ricordate l’Europeo del 1992 giocato in Svezia? Vi ricordate chi lo vinse? La Danimarca, signori miei.
La Danimarca che vince un Europeo di Calcio, nel mio immaginario è una cosa assurda, irripetibile, pazzesca, paragonabile solo alla lontana eventualità che un senegalese vinca la coppa del mondo di sci. Ma sia chiaro, non è mia intenzione parlare di questi sport minori.
Ebbene vi dicevo della Danimarca che vince l’Europeo nel 1992, in finale contro la Germania. Avevo 10 anni ed ovviamente non ricordo la partita, ma ricordo l’atmosfera. Ero in Svizzera con i miei, e ricordo che gli svizzeri tifavano apertamente per i danesi  ( bandiere e tutto il resto) ed io non capivo come diavolo fosse possibile.Voglio dire, pensavo che, ammesso ed anche concesso che possa vedere, per puro piacere di guardare una palla che rotola su un prato, una finale in cui non gioca la Nazionale, quanto meno non ci fosse nessun motivo per sostenere i danesi. Ero turbato. E ridussi tutto alle stranezze del popolo svizzero.
Qualche anno dopo, sui libri di storia, capì. Ed oggi sono ben lieto che la memoria di certi crimini si tramandi anche con queste piccole cose. Se dimentichi, ci ricaschi.
( “ Che ci fa una pistola nei tuoi pantaloni? Proteggerti da cosa? Dai teteschi ? ”  dice il Turco a Tommy proprio all’inizio di The Snatch )
A quella manifestazione la Danimarca non avrebbe dovuto manco partecipare. Fortunosamente, ma neanche tanto, avendo in campo Peter Schmeichel e Brian Laudrup, arrivarono a vincerla, ma non avrebbero dovuto esserci. Furono ripescati poiché fu squalificata la Jugoslavia per la guerra intestina che era in corso. La quale era una squadra piena di talento e orgoglio, vantando gente come Boksic, Prosinecki, Savicevic, Stojkovic, Suker. Tra l’altro la Coppa Campioni dell’anno prima fu vinta dalla Stella Rossa di Belgrado proprio nella finale di Bari, con una squadra che era la struttura portante di quella selezione nazionale.
Da quell’anno in poi la Jugoslavia smise di esistere sui campi di calcio e sulle cartine geografiche.
Emir Kusturica nella sua sua autobiografia racconta che il televisore di suo padre era pieno di sputi, perché Tito appariva molto spesso sullo schermo, ma senza di lui, morto nel 1980, la Jugoslavia si disgregò completamente: sloveni contro serbi, serbicontro croati, musulmani contro ortodossi, ortodossi contro cristiani. Ricordo ancora le facciate dei palazzi crivellate a Dubrovnik.
La mia riflessione nasce  dal fatto di possedere delle miniature Santiago dipinte a mano da Michele a cui ha dato i colori della Stella Rossa di Belgrado. Vorrei utilizzarla per riprendere a giocare con più frequenza a Subbuteo, che mi sta mancando molto, ma non riesco proprio a trovare il tempo. 

Forse è un’esagerazione, ma si dice che se la nazionale jugoslava non fosse stata esclusa da quel torneo la guerra nei Balcani non avrebbe avuto quelle tragiche conseguenze.

venerdì 15 giugno 2012

Marca stretto il 9 ! - Europei 2


A scanso dì equivoci, mi preme dire che se non si riesce a vincere contro la Croazia, il problema è nostro e forse non meritiamo di andare avanti in questo Europeo.
Quel tal Mandzukic o come diavolo si chiama lui, maledetto  figlio di ustascia, non è di certo un fenomeno, ma non te lo puoi marcare così. Se fosse capitato a me un episodio simile, durante la partita del sabato pomeriggio tra amatori (alcuni anche di 60 anni e più, come il prof. Pappadopoli), mi avrebbero aggredito fisicamente ed mi avrebbero insultato pesantemente dubitando  ad alta voce dell’onorabilità delle donne della mia famiglia.  Non si tratta di un ambiente chiesastro e si tende ad essere parecchio informali. La rissa è qualcosa che metti in conto una volta che arrivi al campo.
Scommetto che i due attaccanti si sarebbero presi la briga di farsi 50 metri correndo, bruciandosi l’unico loro scatto a loro disposizione nei 90 minuti, per dirmi che loro “avanti” si fanno il culo e noi dietro ce ne andiamo a farfalle. Anzi, a pelose. Suscitando quindi l’ira dei miei compagni di reparto, ed in particolare di Lello, che dall’alto della sua età avrebbe invitato gli attaccanti a partecipare alla manovra, visto che i mezzi tecnici a loro diposizione per segnare non è che fossero paragonabili a quelli dei campioni.
E così negli anni, conditi, tra una madre meretrice, una sorella di facili costumi, imprecazioni nei confronti degli avi già sepolti, un chiodo del legno della croce, anatemi e maledizioni fino alla settima generazione , ho scoperto i giocatori del passato che più sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo.
“Ma passa quella palla, chi cazzo ti credi di essere, Garrincha per caso?”
“Sei più scarso di Riccardo Ferri!”
“E tu a me volevi fare quel dribbling? E’ arrivato Pelè!” (per gli sfortunati non pugliesi , è una variante di chi ti credi di essere)
“Uè Cabrini, vedi di tornare in difesa, che in avanti sei uno scandalo. Stai dietro che è meglio.”
“ Tu con quella panza non puoi giocare. Guardati, pari Gascoigne. Non ce la fai a correre. Mettiti in panchina sennò ti viene un infarto!”
Fontolino Fontolan.” (La più pesante, ve lo posso assicurare)
“Ma che cosa vuoi fare, tira in porta piuttosto, Maradona dei poverelli”.
Tutto ovviamente tradotto in italiano dal barese stretto. Con le bestemmie. Con belle bestemmie articolate e fantasiose. Ogni sabato arricchite, ogni sabato diverse. Bellissime, io le adoro.
Questo succede ai “Caduti di Superga” di Mola, in provincia di Bari, che sta in Italia, anche se qualcuno a giusta ragione pensa che sia in Macedonia o Albania, quando fai un errore come quello di Chiellini.
E’ universalmente noto che “il lamento rende”, ma non possiamo prendercela con la Spagna e con la Croazia nel caso in cui, giustamente, si dovessero accordare per  un pareggio.
Possiamo solo rivolgere le nostre bizantine bestemmie nei confronti di Chiellini.
“Marca stretto l’avversario, brutto nasone, vedi di stargli proprio appiccicato. Non sei mica Scirea!”

sabato 9 giugno 2012

Con le parole degli altri - Europei 1


E’ sabato, fa caldissimo. Avresti un milione di cose da fare e sicuramente tutte molto importanti.
Però ti riscopri con la mente altrove. Non proprio altrove, sai benissimo a cosa stai pensando ed è proprio per questo che ti senti colpevole, ma non ci puoi fare niente.
Il bello è che in questo stato ti ci sei ritrovato altre volte.  Ad ogni vigilia è così.
Assomiglia all’ansia pre –esame, o quando sai d’avere un incontro galante. Sei preparato, ma la tua buona dose di inettitudine e insicurezza ti fanno stare in pensiero.
La verità è che domani c’è l’esordio della Nazionale all’Europeo. Contro la Spagna. E Prandelli minaccia l’utilizzo di Giaccherini. Giaccherini chi? Dove gioca? Ogbonna?! Ah, è un difensore, gioca a Torino ed è giovane. Sarà, ma io non l’ho mai sentito.
Tutte cose che non ti aiutano di certo.
In parecchie occasioni ho cercato di spiegare a mie parole questo stato d’animo, ma il mio eloquio incerto e il lessico limitato mi impediscono di rendere al meglio la questione. Quindi prendo in prestito le parole di Nick Hornby, scrittore londinese che nei suo libri ha spesso parlato delle passioni dell’uomo comune, come la musica ed il calcio. Lui è tifoso dell’Arsenal. Nel libro “Febbre a 90” descrive la nascita della passione per la sua squadra del cuore, ma soprattutto ci spiega come questo si sia interfacciato, spesso in maniera negativa, con la sua vita.
Il brano che vi propongo si riferisce a Liverpool-Arsenal del 1989, ultima giornata di campionato, squadre a pari punti in classifica, con l’Arsenal obbligato a vincere con due gol di scarto per via della differenza  reti. L’ideale per avere un infarto.
I Gunners, per sua fortuna, vincono per due a zero, con gol del raddoppio allo scadere di Michael Thomas e riconquista il titolo dopo 18 anni. Nell’estasi del festeggiamento, Nick Hornby riesce a paragonale quel godimento al sesso e quella gioia alla nascita di un figlio.
Nessuno dei momenti che la gente descrive come i migliori della propria vita mi sembrano analoghi. Dare alla luce un bambino dev'essere straordinariamente emozionante, ma di fatto non contiene l'elemento cruciale della sorpresa, e in tutti i casi dura troppo a lungo; la realizzazione di un'ambizione personale - una promozione, un premio, quello che vuoi -non presenta il fattore temporale dell'ultimo minuto, e neppure l'elemento di impotenza che provai quella sera. E cos'altro c'è che potrebbe dare quella subitaneità ? Una grande vincita al totocalcio, forse, ma la vincita di grosse somme di denaro va a toccare una parte completamente diversa della psiche, e non ha niente dell'estasi collettiva del calcio.
E allora non c'è proprio niente che possa descrivere un momento così. Ho esaurito tutte le possibili opzioni. Non riesco a ricordare di aver agognato per due decenni nient'altro (cos'altro c'è che sia sensato agognare così a lungo?) e non  mi viene in mente niente che abbia desiderato da adulto come da bambino. Siate tolleranti, quindi, con quelli che descrivono un momento sportivo come il miglior momento in assoluto. Non è che manchiamo di immaginazione, e non è nemmeno che abbiamo avuto una vita triste e vuota; è solo che la vita reale è più pallida, più opaca, e offre meno possibilità di frenesie impreviste.
Per quanto mi riguarda quando lessi "Febbre a 90", e mi fu regalato da una donna, la Nazionale non aveva ancora vinto i mondiali del 2006. Evento che fece cambiare le mio opinioni rispetto a questo brano.