lunedì 5 marzo 2012

Conosco un posticino a Roma...


Roma fa sempre un certo effetto. Puoi andarci tante volte, ma riesce sempre a stupirti. E’ talmente strabordante d’arte, architettura e storia, che si può ben giustificare il motivo per il quale nei nostri detti e modi di dire sia spesso citata. Persino in Inghilterra si dice che Rome wasn’t built in a day per dire che ci vuole un po’ di tempo per fare qualcosa di grandioso.
Durante la mia n-sima peregrinazione nella capitale, avendo esaurito il giro turistico base, ho deciso di passare da un bar.
Il fatto che io entri in un bar non è che sia proprio una novità, direte, a giusta ragione.
Ma questo è un po’ particolare. Molto particolare.
A due passi da San Giovanni in Laterano (dove si tengono i concerti del Primo Maggio), alle spalle del Sancta Santorum, in una viuzza laterale, in una zona molto tranquilla e signorile, c’è un  posticino che merita davvero l’attenzione di chi del Subbuteo non riesce ancora a stancarsi. Anzi, trovare un campo già pronto con lo stemma dell’ Osc Libertas Roma, lì all’ombra sul marciapiede antistante un bar, vi farà sicuramente venire un colpo la prima volta che ci andate. E ci andrete, lo scommetto.
Si tratta del bar di Franco. Franco-Francao-Francone.
Avendo già visto il campo che mi aspettava fuori, vengo preso da una eccitazione che mi impasta la bocca. Entro, alzo lo squadro e sulla sinistra vedo delle grandiose scatole marchiate Subbuteo originali che hanno sicuramente più anni di me. In seguito scoprirò che in quella collezione ne mancano solo 8 per coprire l’intera collezione mondiale.
Ordino un caffè, e prendo coraggio, chiedendo di Franco. Dopo un paio di minuti esce dal suo laboratorio nel pieno della giornata di lavoro con un la sua parannanza nera. Ovvio che non si ricordasse di me. Ci siamo incontrati una sola volta durante la Caudium Cup 2011 di Benevento, e mi toccò arbitrarlo. Però mi accoglie con il calore di chi ti conosce da sempre, con la simpatica parlata romanesca che tronca le parole ma colora il discorrere. Mi ha fatto sentire al posto giusto.
Subito dopo le foto ricordo ci accordiamo per un Ternana(lui)-Roma(io) sul campo all’aperto. Con mio grosso stupore riesco a pareggiare e finisce uno pari, ma non è importante. Il bello è stato sederci uno di fronte all’altro, fumarci una sigaretta parlando della nostra passione comune, della sua collezione, dei sacrifici che fa per arricchirla e della vita dei rispettivi club. L’intensità del suo amore nei confronti del Subbuteo è riscontrabile dai suoi occhi, dal tono di voce sussurrato, quasi non voglia disturbare le sue miniature.
E poi succede che arriva dalla banca, che è dall’altra parte della strada, un suo amico, Paolo, in pausa pranzo per un panino al volo. Ci vede intorno al campo e chiede se qualcuno fosse disposto a giocare. Colgo al volo l’occasione e mi ritrovo di nuovo sul green contro Paolo, arbitrato da Franco, che dispensa consigli ad entrambi. Tutto questo in mezzo ad una folla di habituè che passando lasciano sfottò, vista la nostra lapalissiana cialtroneria.
Segnatevelo, e quando vostra moglie, vi costringerà a fare un giro a Roma, voi mandatela ai musei vaticani (che la terranno occupata per tutta la mattinata) e voi venite a divertirvi da Franco. Io mi sono così divertito da saltare il pranzo, e vi assicuro che non capita tanto spesso!

venerdì 10 febbraio 2012

Calci alla vecchia maniera

In base a quanto dicono i soliti agiografi del calcio è alto 1,95 metri, pesa più di 90 kg.
Eppure in campo, con quel fisico da granatiere, non fa il centravanti, il puntone, la boa.
No, assolutamente. Niente di tutto questo. Lui gira al largo, cerca l’assist, il dribbling, il passaggio giusto, l’assist smarcante la giocata sopraffina. Certo, di gol ne fa, ci mancherebbe. Però scommetto che lui si senta più un numero 10 piuttosto che un centrattacco.
Viene dalla Scandinavia, ma non ha un cognome che renda esattamente l’idea.  Ti aspetti un Andersson, un Eriksson. Al massimo un Allback, suvvia.
No, lui si chiama Zlatan Ibrahimovic.
Così bosniaco (anzi bosgnacco per la precisione) che se provasse a mettere un piede a Belgrado, ancora oggi, lo sparerebbero a vista.
Ultimamente nella sua biografia, ci racconta che da piccolo era povero, che viveva nelle periferie di una grande città, gli stenti, gli allenamenti nella scuola calcio che lo hanno allontanato troppo presto dalla sua famiglia e tanti altri stereotipi che vanno a delineare la figura di un campione arrivato al successo ma con un carattere brusco. Che nel frattempo si è sposato, a giusta ragione, con una pornostar, o quasi.
Non vorrei mai trovarmi solo con lui in una stanza, però se qualcuno sostiene che questo signore qui possa essere definito un “cattivo” del calcio, beh, io mi sento libero di affermare senza paura di essere smentito di chiamarmi Rosa Luxemburg.
In definitiva ha dato solo due schiaffetti. Vi indignano due carezze da mammoletta? Allora avete proprio la memoria corta! E sono profondamente addolorato che le gesta eroiche di tanti randellatori della storia del Pallone siano cadute nell’oblio.
Ma ve lo ricordate Gentile in marcatura su Zico e su Maradona? Ogni due minuti li stendeva a terra. “Non c’era niente di gentile in Claudio” scrisse addirittura il Times. E chi non s’è mai fatto una risata sulle pigne di Montero? Questo prese a calci nel culo Totti e poi applaudiva nei confronti dei suoi tifosi che lo osannavano ugualmente, mentre, tutto fiero, tolti gli scarpini, usciva dal campo sorridente.
E vogliamo parlare di Pasquale Bruno? Per i più intimi, O’ Animale… Ancora oggi Van Basten quando sente un rumore in casa, controlla che non si tratti del suo marcatore diretto.
Roy Keane? Si narra che neanche il suo allenatore, un certo Sir Alex Ferguson, non osasse contraddirlo. Lo temeva. Tuttora detiene il record di espulsioni nella singola stagione, ben 13.
Come non citare Vinnie Jones e il suo record dell’espulsione più veloce : 3 secondi! Le sue malefatte in campo e la sua faccia da duro gli hanno fatto meritare addirittura una carriera nel mondo del cinema. Rivedetevi “The Snatch” e rendetevi conto di che parte interpreta!
Un capitolo a parte meriterebbe Andoni Goikoetxea, chiamato più semplicemente, visto il cognome scioglilingua, il Macellaio di Bilbao. Lui in campo era così cattivo, che i suoi conterranei terroristi baschi dell’Eta gli chiedevano consulenze su dove piazzare bombe a Madrid. Come ben ricorderete con un solo tackle riuscì a rompere la caviglia sinistra, il malleolo e i legamenti al Pibe de Oro, il 24 settembre del 1983 durante Barcelona- Athletic Bilbao. Nel maggio dell’anno successivo, durante la finale di coppa di Spagna, Maradona cercò insistentemente (ed invano) di vendicarsi, innescando una tale rissa che dovette scusarsi personalmente con il re di Spagna, presente alla partita.*
Quindi, Ibrahimovic è solo un dilettante. Le tre giornate di squalifica per quello schiaffetto ad Aronica non sono giustificate. In confronto a questi altri è una verginella!



Vinnie Jones e le sue doti acrobatiche

Maradona mentre viene pestato dall'intero Athletic di Bilbao



















*Vorrei includere in questo stucchevole elenco anche Rachid Neqrouz, tormento della difesa barese che per troppi anni ho visto in campo intento a randellare e picchiare punte avversarie al San Nicola. Purtroppo per lui non sarà mai ricordato per la destrezza nel difendere (esordio Bari-Fiorentina: 11 minuti e Batistuta ha già fatto una tripletta) e neanche per i calcioni e pestoni che rifilava ad ogni cosa che attraversava il suo campo visivo. Neqrouz sarà ricordato per il suo dito medio nei glutei di Inzaghi.

giovedì 2 febbraio 2012

From Czechoslovakia with hate


Dicevano e dicono  che fosse un allenatore finito.
Dicevano e dicono che con l’arrivo del freddo le sue squadre smettano di correre perché i giocatori sono esausti.
Dicevano e dicono che sia troppo rischioso fare il fuorigioco a ridosso della linea di centrocampo.
"Non ha vinto niente, dovrebbe stare zitto", diceva Moggi negli anni in cui anche ad un orbo  era evidente che la Juve giocasse con l’ausilio di qualche deroga ai regolamenti.
Questo, a dir la verità, lo dicono tutt’ora i suoi detrattori. E sono in tanti.
Però dopo più di vent’anni dal “Foggia dei Miracoli”, vedendo la classifica di serie B, ritrovi il suo Pescara in testa alla classifica. Parecchi punti sopra alla Bari ed alle corrazzate Torino e Samp. Eppure dando uno sguardo al capitale umano a disposizione del boemo, oltre al più famoso (ma de che!) Insigne ci trovi ragazzini quasi sconosciuti e tizi con cognomi non proprio beneauguranti per uno sport di corsa e fiato.
Togni.
Cascione.
Immobile.
Ma evitate di esprimere giudizi su questi atleti. In campo si muovono tanto ma soprattutto sanno cosa fare e dove andare. Se Zeman è riuscito a far giocare a calcio Onofrio Barone( e posso sostenerlo, avendolo visto al San Nicola qualche anno dopo), vuol dire che l’organizzazione del suo 4-3-3 è efficiente al di là degli interpreti.
Zdenek allena dall’ 83 e siamo ancora qui a parlarne. Perché pur essendo silenzioso, quelle poche volte che ha parlato, è riuscito a mettersi contro tutto l’establishment del carrozzone-Calcio moderno. Perché lui è un allenatore diverso, sempre uguale ma innovativo. Completamente antisimmetrico rispetto al calcio moderno delle pay-tv, che fa inquadrature persino nello spogliatoio, che ha perso le sue radici, che non diverte, non stupisce, che tiene lontane le emozioni.
Ammetto che Zeman (sia personaggio, sia allenatore) mi piace tanto. I suoi giocatori corrono talmente tanto che gli altri 11 a confronto sembrano delle pesanti miniature hw (magari rese tali da qualche goccia di vinavil in più o da una doppia rondella- i furbasti del subbuteo si sgamano a prima vista) ed anche perché ha allenato, tranne nella parentesi romana, squadre che di seconda (almeno!) fascia. Provo un sinistro senso di piacere quando una povera provinciale fa un paio di goal al Milan, alla Juve, all’Inter..e più in generale faccio il tifo per il più debole in qualunque situazione della vita.
Proprio mentre imbratto questo foglio gentilmente e gratuitamente concesso dal pacchetto OpenOffice (che vi dicevo a proposito dei più deboli…) un mio amico su skype mi dice : “Ma guarda che ti sbagli, cazzone disinformato! Immobile è capocannoniere della B!”

mercoledì 18 gennaio 2012

Subs Tenére

Quant’è giusto far leva sulle svariate passioni della gente?
Mi vengono in mente le continue pubblicazioni in periodo natalizio dei “best of” o delle “greatest hits” di gruppi musicali sciolti o che abbiano smesso di suonare per la morte di qualche componente.  Potrei citarne a migliaia.
Infatti  proprio qui, alla sinistra del mio monitor ci sono tutti belli e incolonnati : Remasters, Early Days, Latter Days, How the West was won, Mothership, oltre all’intera discografia. E questo solo per i Led Zeppelin.
Paghi ed hai il tuo  feticcio. Te lo guardi, lo accarezzi, lo spolveri: sei contento solo per il fatto di possederlo.
Sia chiaro: per chi è molto coinvolto, si tratta di una occasione unica. Possedere una copia numerata di un vinile/maglia numerata/aliquis, aliquid è una roba che rende felicissimi. Da far perdere la ragione. Se poi col tuo piccolissimo contributo hai dato una mano alla realizzazione della roba in questione, si può andarne veramente fieri. Roba da vantarsene al bar.
Questa volta si tratterà di qualcosa che riguarda il nostro amato giochino.Qui siam quasi certi che l'output sarà sicuramente di alto livello. Abbiam già avuto la possibilità di apprezzare qualche altra cosa della casa produttrice.
In fondo chi non ha mai partecipato ad una raccolta fondi? Chi non ha mai fatto una donazione? (Diamine quanto siete tirchi!)
Però fatemi un piacere, se per caso avete donato il 5 per mille alla chiesa cattolica, su questa pagina, in alto a destra, c’è una bella “x”. Cliccateci sopra con tutta la forza che c'avete nell'indice!

mercoledì 11 gennaio 2012

Coppa Intercontinentale a Fasano

Penso che il concetto sia chiarissimo. 
Però posso aggiungere che le squadre, fornite dallo staff dell'Old Subbuteo Club LiverBrindisi, sono delle KickOff-09 dipinte in stile Kent. Con Giuliani&Angelo non si sbaglia, ragazzi.
Il torneo, però, per esigenze dei 16 partecipanti è stato spostato a domenica prossima 15/01/ 2011.
A Mola si fa un tifo spudorato per Francesco.

Misunderstanding

Non sommate, significa altro...
Se non sbaglio era l’estate del 2002. Ero in Croazia, e dividevo una casetta con Alex, Michele ed altri amici. Durante le dolci notti dall’altra parte dell’Adriatico, si frequentava spesso un baretto in una strada secondaria della piazza principale di Dubrovnik. Avevamo fatto anche conoscenza con il barista, che era davvero simpatico.
La simpatia di un barista è direttamente proporzionale al numero di volte che non ti lascia  pagare. In una scala da 0 a 10, Mario, questo è il nome del barista croato, era simpatico almeno 7.
Una notte, come al solito occupando gli sgabelli intorno al bancone, vedendo i bicchieri tristemente vuoti, ordinai da bere. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Dopo pochi minuti, vedendo che la mia richiesta non era stata neanche vagliata, ripetetti l’ordinazione. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Anziché placare la nostra sete Mario, a quel punto, con la splendida cordialità balcanica, e con quella calma “zen” che lascia presagire lo scoppio di una imminente tempesta, si avvicinò e mi spiegò che se avessi fatto nuovamente quel gesto non avrei mai avuto da bere e sarei stato gentilmente pregato di uscire dal locale. Gentilmente.
Cosa avevo fatto di così grave? Non lo capivo. Avevo solo chiesto tre birre. Mi venne spiegato che in Croazia,  e per di più, in una zona molto vicina alla Bosnia, a pochi anni dalla guerra, tre birre non si sarebbero dovute assolutamente ordinare in quel modo. Usando quelle tre dita. Usando quelle tre dita in quel modo, proprio come avrebbe fatto un serbo che fa il “saluto cetnico”, indicando dio, patria e zar. Robe da nazionalisti nostalgici, che però hanno causato un sacco di morti e tanta sofferenza.
Così come quel lontano giorno dell’estate 2002, anche lo scorso lunedì un mio gesto non è stato capito. O meglio è stato codificato in maniera insolita.
Ero all’ultima partita della serata, ed avevo precedentemente perso le tre partite che avevo disputato.
Di fronte a me c’era Massimo che sistemava le sue miniature in campo. Il suo Torino contro la mia Fiorentina con i pantaloncini neri.
L’unica cosa da fare prima del fischio di inizio era il sorteggio per stabilire chi avesse diritto al calcio di inizio. Quindi prendo la pallina, la nascondo dietro la schiena e poi mostro i due pugni chiusi tenendo le braccia perpendicolari al mio busto.
Il principio alla base di questo sorteggio è indovinare in quale mano si nasconde la pallina.
Se si indovina si ha diritto al calcio di inizio. Sennò lo spetta a  chi ha fatto il sorteggio.
Semplice, giusto? Impossibile sbagliare.
Ebbene, il buon Massimo, il quale doveva solo indovinare in quale mano nascondevo il Tango, incomprensibilmente, con l’indice ben teso alla punta del suo braccio da un metro, punta al mio viso.
Non vi nascondo che sono seguiti un paio di secondi in cui ero incredulo. Panico. Poi Massimo si ravvede e scoppiamo in una grossa risata.
In fondo erano le 23, 30 e avevamo alle spalle già tre partite.